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Mentre tutto il mondo ha lo sguardo rivolto verso il Brasile, a ragion veduta perché questa edizione Carioca della coppa Rimet è iniziata con due o tre botti degni di nota (su tutti la manita contraria, quella che mio padre chiama labbrata, che si è presa la Spagna nella rivincita della finale scorsa con gli Arancioni d’Olanda, la batosta inflitta dalla Germania al Portogallo di CR7 e la bella vittoria della nostra nazionale contro i sudditi di sua Maestà la Regina Vittoria) io punto i miei occhiali un po’ più a Nord, oltre il canale di Panama e il golfo del Messico; più precisamente in Texas. Proprio nello stato della stella solitaria l’Italia del basket ha colto un successo senza precedenti; con la vittoria in gara 5 di San Antonio sui Miami Heat di Lebron James & Co. Gli Spurs di coach Popovich si vendicano delle finals della scorsa stagione (a mio modo di vedere buttate al vento) e alzano la coppa. Con loro a festeggiare, fasciato dal tricolore, c’è anche Marco Bellinelli da San Giovanni in Persiceto, primo Italiano di sempre a potersi vantare di un titolo di campione NBA. Inutile dire quanto questa vittoria sia importante non solo per il giovane talento Bolognese ma per tutto il basket di casa nostra; da lustro ad un movimento in lieve ripresa dopo la crisi economica che recentemente ne ha minato soprattutto le serie minori, serve da esempio ai giovani di belle speranze di tutto lo stivale e forse darà un peso maggiore anche alla nostra nazionale, che potrà vantare al pari di Germania, Francia, Spagna ed altri paesi extrastatunitensi un giocatore con l’anello da campione, in attesa delle imprese di Bargnani, Datome e Gallinari, e dell’imminente (per chi vi scrive c’è solo da aspettare la fine del campionato che Milano dovrebbe vincere senza troppi patemi d’animo) arrivo tra i pro di Alessandro Gentile from Caserta.
Non è un caso che abbia trionfato tra i colossi a stelle e strisce la squadra col numero di stranieri più alto: le diversità di stili, di approcci e mettiamoci anche un briciolo di umiltà e etica in più, stanno facendo anno dopo anno breccia, non solo tra i pro della palla a spicchi ma in tutto il mondo sportivo, che in molti casi è precursore di quelle globalizzazioni che poi scavalcano le barriere ed i confini di altri campi del sociale.
Si riallaccia a questo tema anche la seconda storia che vi racconto; siamo ancora più a nord, a Detroit nel Michigan, in quella che una volta, grazie ad Henry Ford, era considerata la culla dell’automobile e che con l’avvento della globalizzazione e delle utilitarie più economiche ha accusato una crisi senza precedenti che ha intaccato le fondamenta stesse della città. Basti pensare che la popolazione dagli anni ’50 si è letteralmente dimezzata e che il comune nel 2013, primo caso nella storia Americana, ha dichiarato bancarotta ! una delle strutture simbolo di questo decadimento è il Silver Dome, lo stadio che negli anni ’90 aveva ospitato i mondiali di calcio e che ora versa in uno stato d’abbandono degno di Striscia la Notizia: il tetto crolla, il campo è abbandonato e sedie e schermi sono messi all’asta: lo sport come simbolo di rinascita e decadimento !
Giuseppe“Full” Fiorito, grande appassionato di sport a stelle e strisce e telecronista per hobby, ha frequentato l’Isef della Lombardia e giocato a Football Americano