In terra friulana matura un successo importante per tenere il ritmo in classifica e fondamentale per il risvolto psicologico.
Un successo che arriva al termine di una partita approcciata senza troppa convinzione, per meriti dell’Udinese e per demeriti azzurri. La mancanza di attenzione e di cattiveria agonistica registrata nel primo tempo rischia di porre la contesa su binari scomodi. Imprecisione e poca voglia di affondare il colpo rendono sterile il pur sempre ben orchestrato possesso palla partenopeo. Manovre che si rendono produttive solo all’alba della ripresa, quando il Napoli si presenta con un volto diverso, più deciso e concreto. Ed è ottimo che la carica sia suonata da Lorenzo Insigne. Stagione complicata per lui, al centro di molte critiche per una richiesta di ingaggio mal corrisposta da prestazioni altalenanti. Certo, ci aveva abituato fin troppo bene nella passata stagione per poter esprimere un paragone con il rendimento attuale. C’è di evidente che molte di quelle performance finite sotto il giudizio degli esigenti tifosi partenopei sono state condizionate dal fantasma del gol. Il digiuno che accompagnava il 24 fino alla trasferta di Udine agiva in maniera determinate andando spesso a condizionare le sue scelte. La voglia di trovare la rete arrivava addirittura a fargli trascurare l’importanza di una giocata per un compagno. Che tra l’altro rappresenta il miglior contributo che l’esterno ha fornito alla squadra in questi mesi, andando a collezionare quattro assist per i compagni. E poi, ad Udine, il sorriso. Riesce a trovare la via del gol al termine di una combinazione che coinvolge tutto il tridente leggero.
Un punto debole, senza dubbio, quest’ultimo. Perché tralasciando il valore dei tre, che si attesta certamente su un ottimo livello, ciò che manca agli azzurri è peso negli ultimi venti metri. Qualcuno capace di lottare tra i centrali avversari, qualcuno cui destinare i cross che tanto bene riesce a guadagnarsi la squadra azzurra per l’ottimo lavoro degli esterni, ma a cui spesso è costretta a rinunciare per coscienza di non avere abbastanza muscoli e centimetri nei sedici metri avversari. Ed è, inutile a dirlo, un grande limite, poiché inficia l’incisività e la propensione all’attacco che è caratteristica del gioco partenopeo. E poiché rende spesso prevedibile la giocata. Ciò che va preso ad esempio è senza dubbio il secondo gol, sempre targato Insigne. E sicuramente non per la costruzione, come è ovvio, ma per la tenacia. La determinazione con cui si avventa sul pallone vagante battendo Karnezis deve essere spunto e ispirazione per il futuro. Crederci sempre per sfruttare, quando capita, quel piccolo aiuto della buona sorte che tanto favorisce gli audaci. Tre punti e un’iniezione di serenità, per Insigne e per il gruppo. Nell’avvicinamento alla fondamentale sfida casalinga di Champions League e nel vivo di un campionato ostico, che si prospetta impegnativo. Un campionato in cui il Napoli ha il diritto e il dovere di dire la sua
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