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Il massimo sostegno è stato espresso, i cori sono stati cantati a squarciagola fino alla fine, le belle parole sul sodalizio simbiotico tra città e tifosi sono state decantate.

Ora tacca al resto.

Gli azzurri sono scesi in campo a Reggio Emilia trasformati e superficiali. Decisamente poco cinici e, se è vero che contando semplicemente le azioni da gol, verrebbe da strabuzzare gli occhi, nella sostanza quei 90 minuti lasciano l’amaro in bocca per ben altri motivi.

Insigne vittima sacrificale a giusta ragione, Mertens confusionario e pallido ricordo di una gloria passata, Zielinski è rimasto in posa per le foto delle figurine, Albiol e Koulibaly stavano organizzando la pasquetta e Milik è rimasto in panchina per troppo tempo.

Una squadra smarrita, molle sulle gambe e debole nella testa. Non è questo il Napoli che siamo abituati a vedere e, se è vero che viaggiare sempre a certi ritmi sarebbe utopia, è vero anche che questa brutta frenata non riesce a trovare una valida motivazione.

Quattro punti possono essere un abisso, o forse no. Dipende sempre e solo dagli azzurri, dalla cattiveria che hanno smarrito, dalla determinazione che ha sempre mosso le loro gambe, dal gioco che tutta Europa decanta ed invidia.

Ne mancano ancora di partite, di occasioni ce ne saranno ancora da cogliere, basta ricordarsi da dove si viene e come si è arrivati fin lassù.

 

“E CHIACCHIERE NUN JENCHENO ‘A PANZA”.