Come subìre un gol in contropiede all’ultimo secondo dell’ultimo minuto, Aurelio De Laurentiis è trafitto da una battuta che farà storia. “Sa fare anche film horror”, osserva Luciano Spalletti con un sorriso che di sorriso non ha nulla. In una frase squaderna tutti gli appunti che aveva annotato in un campionato di vittorie, finti sorrisi e molti sgarbi, quelli che l’avrebbero portato a fuggire da Napoli appena messo al sicuro lo scudetto. Un attimo che chissà quante volte aveva sognato il demoniaco filosofo di Certaldo e quante volte temuto l’estroso presidente, costretto ad essere ostaggio di una cerimonia emozionante, fastosa ma iniqua, perché per un errore del Cerimoniale di Palazzo San Giacomo sono stati celebrati nella stessa ora dello stesso giorno il trionfo di Spalletti ed il tonfo di De Laurentiis, risucchiato nell’impopolarità da due sconfitte di seguito, un campionato oscuro ed una festa di involontaria ambiguità. Aldilà di simpatie e antipatie, impossibile attribuire un successo collettivo così importante ad uno solo dei protagonisti. Non poteva essere differito l’evento da una data così perfida? Fissata male, dopo il prevedibile sfacelo di Garcia e proprio nel mezzo tra Real Madrid, Inter e Juve. Come nella legge più cinica dello spettacolo, il campionato non può fermarsi. Continua con una Juventus che solo un anno fa sconfitta proprio alla 15esima (come stasera) scivolò all’ottavo posto, dieci punti dietro il Napoli capolista. Mazzarri riprende il suo soccorso di traghettatore in acque agitate.
Non è certo sua la responsabilità di un crollo così rovinoso, a neanche metà del viaggio (14 tappe su 38) il Napoli accusa un ritardo di 19 punti su quello dello scorso anno. E sbaglia chi dopo i 3 gol dell’Inter va in tv a spiegare che Mazzarri non si presenta per evitare accuse e squalifiche. Che la sconfitta sia stata resa torbida dall’arbitro Massa, è innegabile. Ma questo non esime Mazzarridal dovere della verità, riconoscere cioè che la squadra dopo i primi 35 minuti di furore e pericolosità, abbassi i ritmi e si spenga nel finale come una candela nel vento. Con l’Inter come con il Real, e persino nell’affannato finale della vittoria sulla imperfetta Atalanta. Bisogna convincere il direttore Mauro Meluso che il pubblico si aspetta altro da lui, se ne ha i poteri. Il mercato è un passaggio obbligato per sostenere la rimonta del Napoli e garantirgli la Champions. Se la promozione agli ottavi il 12 dicembre con i portoghesi del Braga vale in bonifico di circa 80 milioni, si può solo paventare il danno di una mancata qualificazione all’edizione 2024. Sbrigarsi, quindi. Con Meluso è atteso alla prova del mercato anche Maurizio Micheli, capo dello Scouting. Ha sostituito Giuntoli che il Napoli rivede stasera sulla panchina della Juve. Almeno finora, gli esiti della campagna acquisti suggeriscono una profonda riflessione del presidente. Chissà se intende confermare tutto lo staff. Nel deludente bilancio non va escluso l’amministratore Andrea Chiavelli, invincibile tra conti e clausole. Ma dal ruolo indefinibile nelle scelte tecniche, un sempre presente-assente che ha però la massima stima del presidente. De Laurentiis ieri mattina non era solo nella nostalgia di se stesso. In un giorno nero, come l’apoteosi del fuggitivo Spalletti, ha avuto comunque la dignità di presentarsi e assistere alla sofferta cerimonia.
Ma stasera è un’altra sera. Si capirà molto del futuro prossimo. Se il Napoli migliora nella tenuta atletica, se la difesa non si scompone più nella fase passiva, se le marcature sono a zona ma strette uno contro uno, se i difensori sui cross guardano anche l’uomo e non solo la palla, se Kvara e Osimhen sono restituiti alla loro fama. Il calcio speso s’ispira al titolo del libro di Stephen King. “A volte ritornano”.
Genere Horror, ovvio. Le piace, Spalletti?
Antonio Corbo per Repubblica